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2 Novembre 1986 - 2 novembre 2016. Vista la data sarebbe fin troppo facile fare della ironia a buon mercato. Per noi, e non solo per noi, invece ricordare oggi la stessa data di 30 anni fa è motivo di molteplici sentimenti. Ci illudiamo che siano ancora in tanti coloro che riescono a fare il "link" - oggi è giocoforza usare questi termini informatici - fra una data e un avvenimento. Una volta si chiamava storia (anche se con lettera iniziale minuscola), oggi la chiamano...Wikipedia....

Una data, un nome, una città, una maratona. Per la data siamo a posto, il nome è quello di Pier Giovanni Poli, per la maggioranza "Gianni", la città viene identificata con una mela, la Grande Mela, New York, la maratona è quella conosciuta come New York City Marathon, inventata da fuoriuscito rumeno, originario della terra del Conte Dracula, con un manipolo di amici americani che avevano la passione di corricchiare ogni giorno, o quasi, dentro a Central Park. Fu la bomba atomica del fenomeno mondiale della corsa, del jogging, del running, chiamatelo come vi pare.

Messa la cornice, mettiamo la foto: quella di un giovanotto con il cranio adornato da una zazzera di capelli che sembrano ali di un gabbiano che corre anche lui a Central Park, per volare verso quella vittoria che lo renderà celebre e che, ebbene diciamolo, lo ricompensa di molte, tante, noi giudichiamo troppe, amarezze, che non meritava. Erano anni bellissimi per la maratona italiana, bellissimi ma avvelenati, ne potremmo raccontare, e, chissà, forse un giorno le racconteremo. Ma i litigiosi mondi della maratona italiana avevano trasformato la NYCM che non era più una Little Italy, no, era diventata una Big Italy di cui tutti andavamo fieri: 1984 e 1985, vittorie di Orlando Pizzolato, 1986 tocca a Gianni Poli. Osti, pizzaioli, malavitosi, frittivendoli e panettieri,  e perchè no?, mafiosi di Broccolino, parlavo dei guaglioni della maratona italiana. Che tempi! Orgogliosi gli atleti delle loro vittorie, orgogliosi noi di esserne stati testimoni, e talvolta concelebranti. 

Stacchiamo gli occhi, un po' umidi, dal passato e volgiamoli al presente. Un grande socialista francese di fine Ottocento, Jean Léon Jaurès, sosteneva che "del passato dovremmo riprendere i fuochi, e non le sue ceneri". Tutti, loro, noi, e quelli che verranno dopo di noi.

Chi ha tempo, voglia, e sente ancora il richiamo del cuore, vada su questo filmato che abbiamo trovato su YouTube, si metta comodo, in poltrona, e si lasci trasportare lungo i quartieri, le strade, i ponti, di New York, con le gambe di Gianni Poli.

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