Si è spento a 86 anni, dopo aver vissuto intensamente, soprattutto in pedana. Che era poi la sua seconda casa. O forse la prima, visto il tempo che vi ci ha passato sopra, a scagliare pesi e dischi (ma anche a fiondare martellate), fino a 70 anni suonati.
Renato Marcandelli (nella foto, in pedana osservato dal tecnico nazionale Lauro Bononcini, in piedi, sulla destra) era nato a Bergamo il 10 marzo 1928 e aveva davvero l’atletica nel sangue. Le prime gare nell’immediato dopoguerra: 1947. Un anno dopo ecco i primi successi: campione italiano Csi nel peso e nel disco. Poi oltre un decennio da protagonista di livello nazionale, con la casacca della gloriosa Libertas Bergamo. Mica facile, negli anni ’50, battere gente come Angiolo Profeti e soprattutto Silvano Meconi, talento da quasi 19 metri nel peso. Marcandelli, che era soprattutto pesista, si accontentò di battagliare con i più abbordabili Dalla Fontana, Paolone, Monguzzi, Fusilli, Monti. Per la verità, però, in un’occasione arrivò davvero vicino a metterseli alle spalle i due mostri sacri toscani. Accadde il 2 ottobre 1954, proprio a casa loro, a Firenze, quando ai campionati italiani il giovanotto bergamasco fiondò la palla da kg 7.25 a 14.22, mentre Profeti fu primo con 14.62 e Meconi argento con 14.49.
Nel cimento tricolore, Marcandelli era già stato terzo due anni prima. E lo sarebbe stato anche nel 1956. Pur trovandosi la strada sbarrata da quei due, riuscì anche a indossare la maglia azzurra: nel 1961, a Belgrado, in Italia-Jugoslavia. Il suo anno migliore fu tuttavia il 1964, quando raggiunse il suo top: 15.15, misura mica male per quei tempi, che durò come primato bergamasco assoluto per ben 21 anni, gli stessi in cui restò immacolato il suo 45.73 nel martello. Nel disco, invece, nel 1960 aveva mancato di pochissimo il muro dei 40 metri: 39.93. E gli rimase per sempre il cruccio di essere arrivato così vicino alla fatidica barriera, sebbene avesse riservato minor applicazione a quell’attrezzo.
Ma Marcandelli scrisse pagine dense di risultati e di vittorie anche – anzi, soprattutto – da Master, con oltre 70 titoli italiani nelle varie categorie e nelle tre specialità, un bronzo mondiale e due titoli europei, col contorno di un primato mondiale M50 nel peso indoor: 14.91 nel 1983, a 55 anni.
Sole, pioggia, caldo o freddo, da vecchietto indomabile ed entusiasta lo si vedeva quasi tutti i giorni al Lazzaretto o al Campo di via delle Valli, i due impianti simbolo dell’atletica bergamasca. Ad allenare se stesso ma anche i tre figli, ovviamente tutti lanciatori. E tutti talenti precoci, anche se specialisti più del giavellotto, guarda caso la disciplina più indigesta al capostipite: il primogenito Cesare, classe 1954, morto tre mesi fa per un tumore, arrivato sino a 63.72 col vecchio attrezzo; poi Claudio, classe 1961, rimasto mezzo metro più sotto, e Stefano, nato nel 1968, il più dotato del terzetto, come dimostrò lanciando ventitreenne a 65.80 con il nuovo giavellotto. Claudio e Stefano, tra l’altro, arrivarono entrambi alla maglia azzurra della Nazionale giovanile. Privilegio toccato successivamente anche a uno dei nipoti, Davide, figlio di Claudio, 2.20 nel salto in alto a soli 20 anni, costretto però al ritiro prematuro da caviglie troppo delicate. Nessun’altra famiglia bergamasca è arrivata a tanto. (Lo ricorda così Paolo Marabini)