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 Missoni e Filiput

 

  "Arena di Milano, anno di scarsa grazia 1937. Il ragazzo veniva da Zara. Era alto, bruno, delicato di lineamenti. Lo iscrissero ai 400 piani e lo misero in sesta corsia, quasi che volessero farne una comoda lepre per i campioni. Allo sparo si mise subito ritto e incominciò a distendere la falcata. Dall'ultima curva uscì incredibilmente primo e tutta la gente era in piedi. Il più celebre americano gli sgambava dietro mordendo le nuvole con l'aria di chi, sorpreso, rifiutava simili scherzi. Se l'era presa comoda, vedendo viaggiare in veemente scioltezza quel nessuno: e quando si era deciso a spingere era tardi. Intanto, il nessuno aveva corricchiato in affanno verso il prato e si era disteso quant'era lungo sull'erba non rasata, soffice. Gli vennero intorno cronisti per i quali era lo stesso nobody del negro americano. I cronografi si erano fermati sui 48 e 6, record italiano juniores, ed essi dovevano sapere chi fosse quel dalmata coraggioso".

Autore? Gioanbrerafucarlo, uno dei non molti che valeva (e vale tuttora) la pena di leggere. E di imparare. Scrisse un bellissmo articolo su Ottavio Missoni il 26 agosto del 1982, pochi giorni primi dei Campionati Europei ad Atene, sulle pagine sportive del quotidiano "la Repubblica". Anche il titolo è suo. Riproponiamo l'incipit in questo nostro modesto spazio come omaggio all' "atleta stilista" che ha spezzato il filo sottile che ci lega tutti alla vita il 9 maggio scorso nella sua casa di Sumirago, in provincia di Varese, avendo celebrato da pochi mesi i 92 anni (era nato a Ragusa, poi diventata Dubrovnik, l' 11 febbraio 1921). Quella bella mansione di Sumirago dove (qualche socio A.S.A.I. ha la fortuna di poterselo ricordare) furono ospiti - erano i  primi Anni '90 -  in una indimenticabile serata, accanto al padrone di casa e alla consorte Rosita, tra gli altri, Luigi Facelli e Salvatore "Tito" Morale.

La foto a corredo di questo ricordo ha fermato il tempo sull'ostacolo: Ottavio Missoni, con la gloriosa maglia della Società Ginnastica Gallaratese, e con lo stesso plastico gesto Armando Filiput, sul petto del quale si intravvede uno spicchio di stemma della altrettanto gloriosa Atletica Brescia 1950. Citiamo ancora dell'articolo di Gianni Brera un gustoso passaggio. Siamo a Perugia, raduno collegiale prima dei Campionati Europei di Bruxelles 1950. Protagonisti Missoni, Albano Albanese, triestino, ostacolista dei 110, anche lui finirà a Brescia alla corte di Sandro Calvesi, e Armando Filiput. Narra Brera:" Ciò - dice Albano Albanese, triestin, all'Ottavio, che abita pure a Trieste e gli è amico: - fame cambiar de camera: l'Armando xe tanto brao però prima de dormir fa sempre discorsi seri, e per mi i discorsi seri dell'Armando xe tutte monade".

L'atleta, lo stilista. Ancora Brera:" Il tessuto Missoni ripete Paul Klee e Bacon, Braque e il più rigoroso Piet Mondrian. "Come fasso? G'ho delle matite longhe de tuti i colori. Provo e riprovo finchè me va ben un accordo. E di plagi non vogio sentir: parchè, alora, cossa dovarai dir mi dei peruviani, che i me copia de almeno duemila ani?".

Abbiamo iniziato con Brera, finiamo con Brera e con il suo stile nel salutare chi se ne andava:"Ti sia lieve la terra, Conte Ottavio".