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Il nostro attuale segretario e uno dei fondatori dell'A.S.A.I. , il dottor Alberto Zanetti Lorenzetti, ci invita, con l'articolo che pubblichiamo qui di seguito, ad un salto a ritroso di 70 anni esatti, per riportarci al 1945, mese di ottobre, sulla pista dello Stadio Littoriale di Bologna. Non aggiungiamo niente altro, voi continuate a leggere.

E’ Bernardo Falconi, figlio dell’indimenticabile Aldo, che ce lo ricorda: 70 anni fa in quel di Bologna, esattamente il 20 e 21 ottobre ai Campionati nazionali post-bellici, l’atletica bresciana viveva uno dei momenti più belli e significativi della sua storia.

Per capire il significato di questa ricorrenza bisogna raccontare una storia che inizia dieci anni prima, nella seconda metà degli anni Trenta. Erano anni in cui di atletica se ne faceva non solo in ambito federale, ma anche con l’organizzazione del partito di regime impegnata a pieni giri. Brescia viveva una situazione bipolare: grande vivaio, ottimi elementi che la rappresentavano ai Campionati giovanili delle organizzazioni fasciste, ma nel contempo l’attività nell’ambito della Fidal era pressoché inesistente. Il sodalizio trainante, nonché simbolo principale dello sport bresciano, la Società Ginnastica Forza e Costanza, si era eclissato, dando spazio ad altre società, milanesi in particolare. Paterlini, Bettini, Pontoglio (il futuro padre Onorio di calvesiana memoria, rettore del Franciscanum, santuario dell’atletica di respiro nazionale) fino ad arrivare a Bruno Bonomelli vestivano canotte meneghine.

C’è voluta una guerra per rimettere a posto le cose. A rianimare la Forza e Costanza fin dal 1944, fu l’impegno di Lodovico Cavallari, poi coadiuvato da Sandro Calvesi. E l’atletica bresciana ripartì alla grande con splendide individualità sia fra i maschi che fra le atlete. I risultati non mancarono. Al proposito consigliamo la lettura a chi non ce l’ha, e la rilettura a chi ce l’ha, del godibilissimo “1945. Disordinate storielle pedestri, sportive e di costume di un anno che ha cambiato il mondo”. Non fatevi intimidire dal titolo. E’ quasi più lungo del libo. Non me ne voglia l’autore, Ottavio Castellini, ma qui vale alla grande il proverbio “il vino buono sta nella botte piccola”.

A pagina 49 viene citato “Tuttosport edizione Carlin” di giovedì 13 settembre:

E questi chi è?

Io sono Falconi, un quattrocentista… dell’Ottocento. Desidererei soltanto che dicesse una parola della mia società, la “Forza e Costanza” di Brescia. Fa tutto da sola, manda gli atleti a tutte le gare, è la società di Paterlini, diretta dal commendator Fontana Pietro, nessuno ne parla…

Ma si: io ne parlo.

Non solo, Carlo Bergoglio (detto Carlin) ne disegnò anche, dedicando due caricature agli atleti bresciani.

Un’importante riunione, con Dillard a darle lustro, all’Arena di Milano, i Campionati Alta Italia a Torino, bella atletica a Brescia e Vigevano, e tante polemiche fra dirigenti precedettero la manifestazione alla quale siamo interessati.

Il 20 e 21 ottobre furono trionfali per i colori bresciani, con tre titoli tricolori (Gino Parterlini vittorioso nei 400 metri piani, nei 400 ostacoli e con la staffetta del miglio unitamente al fratello Luciano, Rolando Squassina ed Aldo Falconi) ed il primato nella classifica di società, al quale contribuirono altri atleti quali Renato Colosio, vincitore del titolo universitario dei 1.500 metri, ed il mezzofondista gambarese Pietro Cabra, al quale Gianni Brera aveva dedicato una delle sue pennellate giornalistiche definendolo “il latilineo”.

Era l’inizio di un periodo durato poco meno di un decennio che avrebbe visto la principale società bresciana (rappresentata dapprima dalla Forza e Costanza, poi dal C.S.I Brescia ed infine dall’Atletica Brescia 1950), saldamente diretta da Sandro Calvesi, ai vertici dell’atletica nazionale. Sono passati settant’anni. Grazie Bernardo per avercelo ricordato.

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