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Se ne è andato Giampaolo Lenzi, uno dei punti di riferimento della maratona italiana, negli anni '70 e '80, quando parlare di maratona italiana era quasi come dire oggi - ci si passi l'iperbole - keniana. E’ morto nel tardo pomeriggio di ieri, nella sua amata città, Ferrara, all'età di 79 anni. Era ammalato da tempo, ma non da far presagire una fine così imminente. Invece la situazione è precipitata in pochi giorni. Avevamo sentito, per altri motivi, Massimo Magnani, due-tre giorni fa, ci rispose al telefono con voce addolorata:"Sono in un bruttissimo momento, sono qui da Giampaolo, in ospedale, la situazione è drammatica. I medici parlano di giorni". Il plurale è stato eccessivo.

Un breve ricordo del prof. Lenzi, che con il suo amato CUS Ferrara aveva portato la maratona italiana ad essere invidiata nel mondo. Aveva iniziato ai primi anni '70 Oscar Barletta, il mitico Oscaré, da tutti soprannominato "l'Etrusco", pochi mezzi, tanta voglia di fare, l'epoca eroica di questa disciplina che pur aveva vissuto di gloria ma che era caduta nel più totale abbandono, sostenuta, studiata, analizzata da qualche spirito "ribelle", come il nostro Bruno Bonomelli, o dal raziocinio di Enrico Arcelli. L'epoca eroica, dicevamo, quella "dei tre fazzoletti", come la chiamava Barletta: uno legato in testa a mo' di cappellino, uno in mano per detergersi il sudore, il terzo in bocca da stringere fra i denti quando la fatica si faceva insopportabile. Poi, qualche anno dopo, è venuto Giampaolo Lenzi, nuovo punto di riferimento tra i più significativi nella storia della maratona azzurra. Tanti atleti, e non solo quelli del Cus Ferrara. I nomi? Vogliamo correre il rischio di dimenticarne parecchi, ma non si possono dimenticare Massimo Magnani, oggi Direttore tecnico della Federazione italiana, Laura Fogli, Orlando Pizzolato, Emma Scaunich, Salvatore Bettiol. Lo stesso Lenzi raggiunse la Direzione della squadra nazionale assoluta maschile nel 1995, mantenendone la guida fino al 2001. Ma la vita vera del tecnico ferrarese fu nella maratona e per la maratona.

Anni di confronti erano quelli, diversi gruppi  si fronteggiavano, spesso polemicamente, ognuno portatore di una sua "filosofia della maratona". Ma da quel magma, umano e professionale, la maratona italiana uscì fortificata e vincente. Forse è una interpretazione forzata ma non è un caso che alla fine degli anni '80 e poi ancora negli anni Duemila, due atleti italiani sono diventati campioni olimpici. A cercare bene le radici, forse....Tutti hanno dato il loro contributo: Bruno Bonomelli, Oscar Barletta, Enrico Arcelli, Giampaolo Lenzi, Gabriele Rosa, Renato Canova, Luciano Gigliotti.

La terra ti sia lieve, professor Giampaolo.