Qualche volta si parla ancora di atletica. Come venerdì sera, in una sala della Trattoria "Al Gallo" di Rovato, siamo ormai nella celebrata e giustamente famosa spumeggiante Franciacorta, davanti a piatti della tradizione locale (trippa in brodo e manzo all'olio da leccarsi i baffi) una ventina di amici, parecchi atleti di un bel tempo andato, si sono stretti attorno a Domenico Canobbio per rendergli omaggio. Motivo della serata? Lo dicemmo qualche giorno fa: il ricordo del primato bresciano che il discobolo venuto dalla Valcamonica stabilì in uno stadio di Varsavia, il 13 agosto 1977, in occasione dell'incontro fra le squadre nazionali juniores (noi siamo alla vecchia, oggi dovremmo scrivere Under 20, queste le grandi innovazioni dell'atletica...) di Polonia e Italia. Aveva diciannove anni il giovanotto, era allenato dal "prof" che lo aveva avviato all'atletica, Angelo Romele, in patria vestiva i colori della società bresciana Fiat OM Brescia. Quel giorno d'agosto di oltre quarant'anni fa tirò il rotondeggiante artefatto a 50.04, vinse la gara, lasciò a quasi tre metri Luciano Zerbini, che era ancora allievo di categoria (sorry, Under 18...), e ancor più dietro i due polacconi. Meritava di andare agli Europei di categoria che si sarebbero disputati di lì a pochi giorni in Unione Sovietica, a Donetsk, capitale della regione carbonifera del Donbass che Ukraine era, è e vorrebbe rimanere. Non ci andò, Domenico, a Donetsk, e fu un peccato, perchè la finale era alla sua portata, se non addirittura qualcosa di meglio. Vinse un armadio sovietico a tre ante, Yuriy Dumchev, che sei anni dopo, sfiorerà i 72 metri, cifra che è tuttora primato della Russia. Con poco più di 52 metri si andava sul podio, Domenico li aveva nel braccio, ma non partì, difficoltà di visto, dissero, va a sapere...
Quattro decenni son passati e il 50.04 resiste granitico in cima alla lista dei migliori bresciani che hanno tentato di imitare il bronzeo discobolo di Mirone (chissà come era davvero in originale...). Occasione, quella di venerdì sera, per parlare di ieri, dell'altro ieri, dell'oggi (poco), lasciamo stare il domani, impresa troppo difficile. Granitico il primato, ma granitico pure l'uomo Canobbio, metalmeccanico forgiato nella valle dei Camuni con saldi principi nella cultura operaia. Non ha nascosto di essere commosso, ma si è dominato, c'era presente suo figlio Andrea. Gli amici gli hanno consegnato la riproduzione della pagina del "Giornale di Brescia" del 15 agosto 1977 che rendeva merito alla sua impresa. E, insieme, una scultura realizzata da Erminio Rozzini, mastro d'opera di forgia del ferro e, forse ancor più, del muscolo.
Gradita rappresentanza di soci del nostro Archivio: il segretario Alberto Zanetti Lorenzetti (che all'epoca in questione era l'Usain Bolt del Campo Scuole di via Morosini, dietro a quella Chimica Caffaro che scaricava PCB, policlorobifenile, Chernobil è una cosa quasi da ridere) con la consorte Rosa, Alessandra Rossetti e Mario Forzanini, Elio Forti, che è l'autore delle due foto che corredano queste righe: il trofeo che Domenico ha stretto con orgoglio, lo stesso sentimento con cui indica a Rozzini la antica pagina del "Giornale di Brescia". La serata è stata ideata dall'Atletica Virtus Castenedolo (pure nostra socia) e da "Sognando Olympia", progetto di irrecuperabili sognatori di uno sport differente. E ha avuto un ospite "evocato" come nelle sedute della nobiltà nera romana dove si fanno ballare i tavolini: Bruno Bonomelli, che aveva le sue radici familiari proprio a Rovato, dove visse, insegnò, scrisse. E che di trippa e manzo all'olio era master chef ante litteram, con il supporto della signora Rosetta.