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Abbiamo ricevuto da Augusto Frasca, nostro amico e socio fondatore dell'Archivio Storico dell' Atletica Italiana "Bruno Bonomelli, questo toccante ricordo di Marco Martini, che pure era stato uno dei pochi ma convinti sostenitori iniziali dell'idea di un piccolo drappello di "archeologi" del nostro sport, che ha vissuto e vive nella totale indifferenza degli esperti in "coccodrillite lacrimosa". Vogliamo ricordare chi, insieme a Marco che tanto ha fatto per la A.S.A.I., ci ha lasciato: Rosetta Nulli Bonomelli, Luciano Fracchia, Gianni Galeotti, Claudio Enrico Baldini, Aldo Capanni. Furono "fondatori" perchè, ventiquattro anni fa, credettero in questa idea. Leggiamo le parole di Augusto.

 "Ha vissuto in solitudine, e da solo ci ha lasciati. Riposa in pace, povera creatura… parole sublimi, scritte dal giovane novantunenne Vanni Lòriga alla notizia della scomparsa del sessantacinquenne Marco Martini, volontariamente privo di collegamenti esterni e trovato morto nel pomeriggio di giovedì nella casa romana posta a ridosso della cupola di Buonarroti. La comare secca era appesa da tempo alla precarietà di un fisico debilitato e definitivamente compromesso trent'anni addietro dal lungo periodo trascorso dall'82 all'88 entro le terribili mura della comunità conventuale di clausura dell'Abbazia certosina di Farneta. Di un'agghiacciante morte fin troppo annunciata aveva dato testimonianza tre giorni prima lo stesso Marco in un messaggio inoltrato ad Ottavio Castellini: «Ricevuta notizia prossima assemblea Archivio Storico dell'Atletica Italiana. Disastroso mio crollo fisico dalla seconda metà del 2017. Il 2018 è il mio ultimo anno (parziale) sul pianeta Terra. Grazie per la stima accordatami in tutti questi anni».

Impossibile definire o semplicemente circoscrivere quale e quanta l'immensità della sua cultura umanistica e quali e quante le dimensioni della perdita di un Uomo che, come dolorosamente commentato a caldo da Castellini, «avrebbe avuto diritto, lui sì, ad una cattedra universitaria di storia dello sport in luogo di fare il passacarte in una federazione sportiva».

Difficile anche esprimersi meglio di quanto messo nero su bianco nelle  sue riflessioni quotidiane da Ruggero Alcanterini nell'immediatezza della notizia, al punto da lasciare alle sue parole il senso più compiuto della scomparsa. «Dare vita ad un fondo documentario dell'atletica in sua memoria potrebbe forse essere un modo per raccogliere il suo messaggio e il suo insegnamento, quello di un uomo silente e solitario».

Cosa aggiungere sulla singolarità del personaggio, alla segnalazione dei suoi primi anni di insegnamento scolastico, al ricordo della traumatica decisione di ritirarsi in clausura, unico ed eccezionale privilegio quello di ricevere mensilmente nell'angustia di una cella la rivista federale, alla sottolineatura di un Credo profondamente vissuto, all'elencazione degli innumeri saggi, articolati in un sapere che, come testimoniato dalle pagine che all'inizio degli anni Duemila lo videro tra i protagonisti nella costruzione della prima Enciclopedia Garzanti dello Sport, passò con magistrale capacità dall'atletica, affidatagli a piene mani, all'antropologia, dall'etnologia al colonialismo, dalla religione al dilettantismo e professionismo, dallo sport tradotto al femminile al significato del mito…

Pagine esemplari, come quell'eccezionale lavoro "L'energia del sacro. Lo sport tra i popoli di interesse etnologico", un prodotto completamente inedito nella pubblicistica italiana e internazionale, o come la storia al maschile dell'atletica nazionale, testo imprescindibile per chiunque voglia accostarsi all'arcaicità o alla contemporaneità di una disciplina che da oltre un secolo detta nella sua interezza le linee culturali del movimento sportivo.

Sì, orfani, nella tristezza, con il peso gravoso di un'incommensurabile perdita umana e professionale.