Il mondo di Fadoua e Gino è quello cui si ispirano tutti coloro che credono negli ideali dello sport
"Any form of discrimination with regard to a country or a person on grounds of race, religion, politics, gender or otherwise is incompatible with belonging to the Olympic Movement". Così recita il punto numero 6 dei Principi fondamentali dell'Olimpismo, che aprono la Carta Olimpica, come dire la Carta Costituzionale del Movimento Olimpico. Abbiamo deciso di mettere questa dichiarazione a corredo della foto della famiglia Bassi, possiamo dire: numerosa famiglia. Gino è nostro socio ma soprattutto è il professionista che, con la sua specifica conoscenza, ha contribuito in maniera determinante alla crescita di questo nostro sito. Questa famiglia, che recentemente ha accolto la nascita dei due gemelli Adam e Amir che fanno a fare compagnia a Mariam, ha trovato il suo Cupido nello sport, nella nostra atletica. Non sveliamo nessun mistero. Eravamo a Marrakech nel 2005 per i Campionati mondiali youth, quelli che in Italia sono gli allievi. Fadoua, una bella ragazza marocchina era fra i giovani volontari che aiutavano nel settore della competizione e della data processing, la specializzazione di Gino. Dopo qualche giorno, va a capire perchè....Fadoua diventa l'assistente di Gino! E poi ne diventerà la moglie. L'atletica ha fatto la sua parte.
Quante sarebbero le storie da raccontare di amori nati nel clima dei Giochi Olimpici, dei grandi Campionati internazionali, di incontri fra giovani di Nazioni diverse, di culture diverse, religioni diverse. Ci viene in mente un esempio, fra i tanti: il martellista Al Connolly, statunitense, e la discobola Olga Fikotova, cecoslovacca, entrambi campioni olimpici, si incontrarono a Melbourne 1956 e si sposarono. Erano anni di piena Guerra Fredda, con i due Stati interessati che si guardavano in cagnesco. Questo avvenne e avviene favorito principalmente dal clima di amicizia e di rispetto nel mondo dello sport. Ci sono oggi motivi di grande preoccupazione (doping, imbrogli) per chi ha sempre creduto nell'ideale sportivo, ma siamo ben lontani dai Kalashnikov, dalle teste mozzate, dai corpi dati alle fiamme, dalla gente che fugge e trova la morte in maniera ignominiosa e inaccettabile nelle acque di un mare che dovrebbe essere davvero "nostrum", di tutti noi che ci stiamo attorno. Leggere che organismi internazionali stimano in 250 mila i bambini militarizzati impegnati nelle varie, troppe, guerre e che imbracciano con disinvoltura un mitra, quasi fosse un giocattolo che loro non hanno mai avuto da Babbo Natale, è sconvolgente. Vedere le immagini dell'aeroporto di Donetsk oggi e pensare che meno di due anni fa - luglio 2013 - oltre 1500 ragazzi e ragazze, fra i 16 e i 17 anni, di 161 diversi Paesi erano nella capitale della regione del Donbass per i loro Campionati mondiali e in quell'aeroporto erano gioiosamente arrivati e da lì erano felicemente ripartiti, stringe il cuore. Una città bella, accogliente, gente aperta, simpatica, collaborativa. Oggi leggi: una bomba fa 15 morti in un ospedale, il giorno dopo 13 vittime dei bombardamenti, oggi leggiamo che nonostante un pallido accordo di tregua raggiunto per il giorno 15, le armi ostinatamente non tacciono, continuano a sparare e a uccidere. Noi dell'atletica avremmo preferito, e preferiamo, ricordare Donetsk per quei ragazzi del 2013 e per le grandi imprese di Sergey Bubka, di Elena Isinbaeva, di Renaud Lavillenie. Purtroppo questo mondo impazzito ci spinge in una direzione completamente diversa, ma che non accettiamo.
E allora godiamoci la serenità che ci ispira la famiglia di Fadoua e Gino. Che il mondo vi sorrida, amici, e sorrida domani ai vostri figli.