Trekkenfild: quei birbaccioni di atleti che parlano solo con la bocca degli altri
Sul nuovo numero di «Trekkenfild» appena atterrato dall'etere nel PC della nostra redazione, Daniele Perboni e Walter Brambilla si son divisi i tasti del loro PC per scrivere a quattro mani le lamentazioni di due poveri scriba alle prese con le bizze di atleti, ma anche atletini e atleculi, infettati dal morbo della megalomania: tutti hanno bisogno del portavoce, del comunicatore, insomma di quello che gli fa da filtro con quei cattivoni dei giornalisti. Anche perchè il malvezzo di questi ultimi è, ormai da anni, quello di non potere fare a meno della cosiddetta «intervista». Quella che qualcuno di noi chiama «virgolette aperte, virgolette chiuse». E provare a spegnere l'interruttore? Vale a dire: non alzate più il telefono per cercarli, per pietire pochi minuti per ascoltare...ascoltare che poi? Lasciateli bollire nel loro brodino, commentate le loro gare, non avete bisogno d'altro, a ben vedere. Quando li incontrate al massimo dite loro: buongiorno e buonasera. Ignorateli, ignorate quelli che si comportano da granduomini, e invece stanno giocando. Ragazzi, lo sport è un gioco, e tale deve restare. Son già fortunati che questo gioco gli dà di che vivere nella bambagia, mentre tanti altri devono pedalare, magari di notte, per portare la pizza a una signora incinta che ha voglia di una quattro stagioni. Ridimensioniamo il contesto, per favore. Ci chiediamo inoltre se sia morale nel caso degli atleti che sono nei gruppi militari comportarsi in questo modo, visto che ricevono uno stipendio pagato con denaro pubblico. Non sarebbe degno di un intervento deciso da parte degli alti mandi dei vari carabinieri, poliziotti, guardie di finanza, ecc.? Oltre ad un elementarissimo problema di educazione, ma questo è pretendere troppo. E proprio sul tasto dell'educazione, un nostro amico che ha fatto il giornalista sul serio - adesso si occupa di piante, verdure e fiori - ci raccontava mesi fa di essere stato incaricato di scrivere di un atleta e si è trovato difronte all' attuale malcostume: "Se vuoi parlare con mia figlia/mio figlio devi telefonare alla signora, al signor...". Reazione composta? "Grazie, prendo nota". Mai chiamato nessuno, nè l'atleta, nè il suo mediatore di comunicazione. L'articolo però lo ha scritto lo stesso, e la resa non ne ha risentito. Daniele, Walter, provate a fare lo stesso, è tutta la vita che state in atletica, non avete bisogno delle quattro minchiate che vi possono raccontare svogliatamente dei ragazzotti/ragazzotte troppo montati. Non son tutti così, quelli educati, modesti, che san stare al mondo con garbo, ecco, dedicatevi maggiormente a quelli che lo meritano non solo per i risultati. E lasciate perdere i portaborse, saranno sempre solo portaborse.
Noi, nel senso di chi ha scelto la via dello studio, della ricerca, della valorizzazione dei principi fondanti dello sport, siamo molto contenti di non aver niente a che fare con questa malsana «modernità» che non ci appartiene, anzi che decisamente rifiutiamo. Il resto di «Trekkenfild» numero 103 è lì da leggere.