Abbiamo appreso, purtroppo in ritardo, del lutto che ha colpito il nostro amico e socio Franco Fava. Il 9 luglio è mancato suo padre Luigi, che nel prossimo mese di settembre avrebbe raggiunto l'invidiabile traguardo dei 93 anni. "Se ne è andato nel sonno - ci ha scritto Franco - senza aver sofferto particolari disagi dovuti all'età, se non quelli di una ridotta mobilità negli ultimi tempi".
Siamo vicini a Franco, che è stato per alcuni di noi un mito nello sport, anche e forse soprattutto per quel suo modo unico di interpretarlo con libertà, spensieratezza, voglia di mettersi sempre in gioco. Ma anche un fraterno amico e un attento e partecipe socio di questo nostro Archivio Storico. Ci permettiamo di ricordare che volle offrire uno dei nostri volumi della Storia dei Campionati italiani (il quinto, 1925 - 1928) alla memoria di suo fratello Antonio, medico, uomo di squisita umanità, ghermito nel pieno della vita.
Su nostra sollecitazione Franco ha scritto un ricordo di suo padre Luigi che noi ci permettiamo di offrire ai nostri soci e ai nostri utenti. Lo sport non è solo racconto di falcate, tiri o zompi, ma anche e soprattutto di sentimenti e di riconoscenza per chi ci ha aiutati a percorrere la nostra strada e ci è stato vicino, silenzioso artefice e al tempo stesso spettatore interessato. Lo fu il signor Luigi con i suoi figli. Nelle righe che leggerete la vita e l'atletica si intersecano strettamente, il legame è l'amore.
Un abbraccio da tutti noi, Franco.
"Mio papà si chiamava Luigi, era nato a Roccasecca il 29 settembre del 1921, non gli piaceva tanto il giorno di nascita che condivideva con Berlusconi e Bersani...Cresciuto tra la Ciociaria e le Marche, da dove proveniva la mia bisnonna, conobbe mia madre (Giuseppina) a Contigliano, Rieti, il paesino dove visse Andrew Howe e la mamma Renée nei primi tempi del loro arrivo in Italia. L'incontro tra Luigi e Giuseppina avvenne durante uno dei suoi lunghi trasferimenti in bici da Cupramontana (Ancona) a Roccasecca (Frosinone). Si sposarono nel 1945 e mantennero la corrispondenza con un soldato tedesco (il soldato buono, dicevano sempre), fino alla morte di lui, vale a dire 10 anni fa. Ogni anno lui mandava una lettera con una banconota di 10 a volte 20 marchi...
Nella vita ha fatto (con successo) il collaboratore scientifico per l'industria farmaceutica IBI, per le province di Frosinone e Latina. Era il coccolo di medici e farmacisti, con molti dei quali aveva mantenuto stretti rapporti di amicizia fino a qualche anno fa. Era un autodidatta, non aveva frequentato grandi scuole, aveva solo la quinta Elementare, ma convinse i dirigenti dell'azienda farmaceutica a farsi assumere dicendo che il diploma di Liceo era andato smarrito durante la guerra. Anche grazie alle buone parole del fratello di mia mamma (Vittorio), laureato in medicina, che già lavorava in azienda come ispettore. Per il suo alto rendimento nel lavoro e impegno fu premiato più volte dal principe Borghese, allora proprietario dell'Istituo... Mia mamma, diploma di maestra elementare lo aiutò nel suo lavoro, era lei che batteva a macchina le relazioni settimanali con una Olivetti Lettera 22, la stessa con la quale io ho iniziato a scrivere i miei primi articoli e che tuttora custodisco.
Quando mio fratello Antonio, primo e vero appassionato di atletica in famiglia, iniziò a correre grazie a quel talent scout di allora, Enzo Leone, e alla passione infinita di Pietro De Feo, mio papà fu anche il suo primo tifoso. Un entusiasta della sua attività, quanto lo era mio nonno paterno Francesco. Nel 1967 o 1968, con la Prinz Nsu, papà ci portò a Rieti a una prova interregionale di cross, nella quale sotto la neve vedemmo il successo di Antonio.
Ma quando Antonio decise di iscriversi alla facoltà di Medicina, fu ancora più contento. Pensò, sono sicuro, finalmente avremo un medico vero in famiglia. E quando fui io a iniziare a fare atletica, fu altrettanto incoraggiante anche con me. Il suo motto era "fai quello che vuoi (negli studi), ma cerca di farlo al meglio".
Una data che non ha mai scordato è quella del 19 marzo 1969. Io vinsi il titolo interregionale (una sorta di campionato a squadre di cross), sul percorso dell'aeroporto di Spoleto. Gara che non so per quale motivo fu trasmessa in Tv, intervistato ringrazio in particolare i miei genitori perché quel giorno era San Giuseppe (onomastico di mia madre) nonché festa del papà. Per questo anche era particolarmente legato al Mondiale di cross che io corsi ininterrottamente dal 1970 al 1979, perché quasi sempre coincideva con quella data.
Nei primi anni di attività era mio nonno Francesco a raccogliere tutti i ritagli di giornale in cui si parlava della mia attività atletica. Una cassapanca piena di pagine ingiallite, che lui ha poi fedelmente custodito e di cui andava orgoglioso, così come i miei trofei che ancora fanno bella mostra nella casa di famiglia dove lui ha vissuto fino al giorno della sua morte (9 Luglio). In bella mostra c'erano e ci sono ancora due opere dello scultore bresciano Bombardieri, da me vinte in occasione del Trofeo San Rocchino.
Ai campionati italiani di cross, nel 1975 a Cassino, sotto una pioggia battente c'erano accanto a me mio nonno e mio papà a tenere in custodia la tuta prima della partenza. Non veniva spesso a seguirmi nelle gare. Del resto sapeva che nei primi tempi ero in buone mani, sotto le alit protettive di Pietro De Feo, prima, e di Enzo Leone, dopo. Ma sono ancora oggi grato all'Istituto Biochimico Italiano (IBI), suo datore di lavoro che alla fine degli anni 70, come premio per il suo rendimento nel lavoro, gli offrirono un viaggio per lui e mia mamma, per una delle mie corse all'estero. Scelsero la Corrida di San Silvestro a San Paolo del Brasile...
Di sé, di me e anche di mio fratello Antonio, diceva che eravamo resistenti alla fatica perché avevamo preso un po' da lui. Di quando sotto il sole e con una valigia sulle spalle si faceva a piedi anche 20 km per salire su a Cupramontana nei primi anni 40. O delle sue lunghe traversate dalle Marche al basso Lazio in bici, dormendo sotto i ponti in tempo di guerra.
Con mia madre papà è stato un ottimo genitore. Soprattutto erano appassionati di sport e di atletica in particolare. Erano, come si direbbe oggi, genitori modello e moderni. Ci hanno dato fiducia nelle nostre scelte, anche quando la scelta era, come nel mio caso, tra l'atletica e una laurea. Per questo appena ho potuto ho ripreso gli studi trasformando in età matura il mio diploma Isef in laurea in Scienze e Attività Motoria, all'Università di Tor Vergata. Fino all'ultimo papà non si è mai perso una diretta tv di una manifestazione di atletica".