Mondiali Militari 1951: primo 4.20 italiano nell'asta del finanziere Giulio Chiesa
Un primo piano di Giulio Chiesa e in azione nello scavalcamento dell'asticella. Si noti la rigidità dell'asta che allora era di metallo
Con un salto cronologico di tredici anni cerchiamo di creare una connessione fra due atleti e lo stesso plastico gesto che praticavano: il salto con l'asta. I due poli del nostro raccontino di oggi sono Giulio Chiesa e Renato Dionisi, del quale abbiamo ricordato qualche giorno fa gli esordi con un prezioso «cammeo» scritto da Giulio Signori. Due Ere atletiche completamente diverse, seppure l'intervallo temporale non sia grande. Ma in quegli anni cambiò tutto. L'Era di Giulio Chiesa era quella dell'asta rigida, di metallo, alluminio normalmente, che aveva preso il posto del bamboo che faceva tanto Tarzan. E proprio «Tarzan» fu il nomignolo che affibbiarono a Don Bragg, il prestante statunitense che vinse il titolo olimpico a Roma nel ’60 e che riuscì, primo uomo al mondo, a superare 4 metri e 80 centimetri. A livello internazionale, l’evoluzione dell’attrezzo viene fissata in queste pietre miliari: anni '40 - ’50 passaggio dal bamboo all’alluminio, fine anni ’50 compaiono le aste in acciaio, 1961 sulle riviste americane vengono pubblicate fotografie di saltatori riversi indietro e sfottuti dai giornalisti che pensavano a salti clamorosamente falliti. E invece era la nascita degli attrezzi in un nuovo materiale sintetico: il fiberglass. E fu l’Era nella quale entrò, meglio fu catapultato, Renato Dionisi.