Alfredo Rizzo: «La vita del campione deve essere una faticaccia terribile»
Cerchi qualcosa, un articolo, un risultato, una foto, e t'inciampichi (romanesco) in qualcos'altro che attira la tua attenzione. Avevamo fra le mani la raccolta - religiosamente rilegata e conservata - della rivista «Atletica Leggera», quella di Vigevano, come si usava etichettarla per distinguerla da quella romana, federalfidalina. Anno 1985, copertina dedicata a Sergey Bubka con bella maglia rossa con tanto di falce e martello dell'Unione Sovietica, foto Olympia. Lui, il Sergey, sfoggiando un paio di sottili baffetti, aveva valicato il tetto del mondo, di allora, sulla pedana dello Stadio Jean Bouin, quello che sta a Charléty, XIII Arrondissement di Parigi: sei metri, piegando la pertica ai suoi muscoli e alla sua volontà e imponendole di proiettarlo oltre quell'asticella. Era il 13 luglio. Una estate calda quella per i primati dell'atletica: Cram, Aouita, l'Albertino Cova nostro, Povarnitsin e Paklin (salto in alto, per i deboli di memoria), Ulf Timmermann, forse il più bel pesista, non come avvenenza ma come proporzioni, che ci sia capitato di vedere. E le donne: Petra Felke (tirava il pilum, giavellotto ai tempi dei romani), Ingrid Kristiansen, Mary Decker-Slaney, Zola Budd, Heike Daute-Drechsler, Sabine Bush (il giro di pista con dieci ostacoli). Che estate, quell'estate!
Ma non su dati numerici vogliamo catturare la vostra attenzione, ma una lettera. Ne fa cenno Dante Merlo, direttore di quella pubblicazione, nelle ultime due righe del suo scritto iniziale: "...nella preoccupata lettera scrittaci da Alfredo Rizzo, un mezzofondista d'altri tempi al di sopra di ogni sospetto". Alfredo Rizzo versione Gian Maria Volontè, dirigente di Pubblica Sicurezza a cui nel film «Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto» non viene mai dato un nome e un cognome (ricordate? musica di Ennio Morricone che se ne è andato pochi giorni fa...a dirigere il coro degli angeli).